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La pragmatica della comunicazione in Internet

Ho scritto questo articolo scritto nel 2006,  quando cominciavano a svilupparsi le nuove forme di comunicazione online e prendeva forma il grande potenziale della dimensione relazionale della Rete.

La pragmatica della comunicazione in Internet
Alessandro Gamba
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Limitazioni dell’esperienza sensoriale on-line e processi psicologici compensativi in atto


Le tecnologie comunicazionali ad alta velocità possono essere concepite come un contesto culturale in cui l’interazione sociale viene considerata “normale”, e può essere studiata al pari dell’interazione che caratterizza altri sistemi sociali. Di fatto, però, le interazioni proprie dei sistemi virtuali sono diverse: la differenza principale sta nell’effetto del cambiamento di densità della comunicazione, cioè dell’ ampiezza di banda. Per ampiezza di banda si intende, in questo contesto, la quantità di informazione scambiata nell’unità di tempo. Stone (1997) sostiene che la “realtà” ha un’ampiezza di banda larga, perché la gente che comunica vis-à-vis in tempo reale adopera simultaneamente una pluralità di modi, discorsi, gesti, espressioni del viso, insomma l’intero bagaglio semiotico. Nel caso di un video l’ampiezza di banda corrisponde alla risoluzione dell’immagine, mentre per la comunicazione mediata dal computer possiamo dire che ha un’ampiezza di banda ristretta, perché può limitarsi a delle righe di testo sullo schermo. In “Pragmatica della comunicazione umana” (Watzlavick, Beavin, Jackson, 1967) gli autori affermano che l’uomo è il solo organismo che si conosca che usi moduli di comunicazione sia analogici che numerici. Il linguaggio numerico, o digitale, è costituito da simboli che noi solitamente utilizziamo nel parlare e nello scrivere ed ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia. Il linguaggio analogico è praticamente espresso in ogni comunicazione non-verbale, ovvero il linguaggio del corpo inteso in tutte le sue manifestazioni: espressione del viso, inflessione della voce, sequenza, ritmo e cadenza delle parole, esitazioni, irregolarità nella respirazione, tensioni di muscoli involontari e ogni altra espressione non-verbale di cui l’organismo sia capace; come pure i segni di comunicazione immancabilmente presenti in ogni contesto in cui ha luogo un’interazione.

In Internet e in particolare nelle sue applicazioni più tipicamente relazionali (chat, e-mail), la comunicazione manca di tutti gli indicatori cinetici e para-linguistici sopra descritti e si affida al solo linguaggio digitale scritto. E’ in pratica un modo piuttosto austero di scambiarsi informazioni che viene surrogato da un sistema pseudoespressivo che fa ricorso alla procedura di combinare segni appartenenti a diversi sistemi per produrne uno nuovo. Nel caso specifico, segni del sistema d’interpunzione (punto, due punti, punto e virgola etc.) e segni del sistema alfabetico (lettere) formano un sistema grafico ideogrammatico, in cui di solito i simboli hanno un carattere pittogrammatico: essi raffigurano vagamente delle “faccine”. Lo scopo non è solo di rinforzo espressivo-appellativo ma anche quello di compattare, restringere al massimo gli elementi del discorso in nome di una preoccupazione quasi ossessiva di ridurre all’osso i messaggi. Gli utenti più esperti fanno ricorso anche a brevi frasi – come quelle che appaiono nel testo delle opere teatrali, accanto a ciò che dicono i personaggi – che fungono da chiave di lettura per esplicitare il senso e la forza di ciò che viene detto (ad es. “battendo il pugno sul tavolo”, “con finta gentilezza” etc.). Alcuni possono trovare questa modalità comunicativa un pò troppo arida, disincarnata, alienata in un dialogo scorrevole e silenzioso che produce smarrimento e disorientamento. Altri amano lo stile minimalista dell’interfaccia testuale, trovano creativo esprimersi al di là delle limitazioni imposte, e intrigante immergersi in un quieto fiume di parole che sembra fluire in modo più diretto, intimo, e che dà l’impressione di attraversare le menti senza passare dalle labbra.

Bateson, al quale gli Autori della scuola di Palo Alto si rifanno, probabilmente direbbe che il linguaggio in Internet è digitale per definizione (vista la natura dei dati trattati dal calcolatore), e che nella Rete è difficile “metacomunicare”, ovvero comunicare sulla comunicazione. “Si è sempre attribuito ai bambini, ai folli e agli animali una intuizione particolare per quanto riguarda la sincerità o l’insincerità delle attitudini umane: perché è facile dichiarare qualcosa verbalmente, ma è difficile sostenere una bugia nel regno dell’analogico” (Watzlavick, Beavin, Jackson, 1967). Il linguaggio analogico è quindi il linguaggio della relazione, le chat sono frequentate e ricercate degli utenti che cercano relazioni ma gli strumenti comunicativi che essi hanno ha disposizione sono inadeguati o per lo meno insufficienti; inoltre, lo scambio avviene in una situazione di vuoto sociale in cui l’identità dei soggetti coinvolti tende a sfumare fino a scomparire. Si delinea frequentemente in questi casi un bisogno profondo di creare immagini estremamente dettagliate del corpo assente e invisibile, dell’interazione umana e degli artefatti portatori di simboli che fanno parte dell’interazione. Ed è per questo che intervengono, nelle persone che comunicano in Internet, dei processi compensativi dell’informazione mancante che sono facilmente filtrati da meccanismi di proiezione e di attribuzione di senso, e che gratificano inconsciamente le aspettative dell’individuo.

Le relazioni virtuali in questi casi possono apparire seducenti perché permettono alle nostre fantasie e ai nostri ideali di essere segretamente soddisfatti. L’ampiezza di banda ristretta stimola le capacità interpretative dei comunicanti, provocando degli effetti davvero sorprendenti: spesso le impegna in maniera estrema, perfino ossessiva.
Alcuni utenti sono più o meno consapevoli dell’azione di filtraggio che questi processi intrapsichici svolgono, il che spiegherebbe perché, quando stabiliscono dei legami in Rete, non desiderano un incontro reale con l’altro. Molti altri, invece, sono destinati a rimanere irrimediabilmente delusi quando decidono di conoscere nella vita reale la persona agganciata on-line, e la realtà si dimostra spogliata dei veli della fantasia.

Qualcuno potrebbe far notare che la tecnologia odierna già prevede di integrare la comunicazione testuale con l’audio e con il video (aumenterebbe in tal modo la quantità di informazione scambiata nell’unità di tempo), ma nonostante ciò le persone non saranno comunque in grado di interagire l’una con l’altra fisicamente.
La comunicazione mediata dal computer rimane caratterizzata dagli svantaggi dovuti alla limitata esperienza sensoriale permessa ai comunicanti, nonché da alcuni indubbi vantaggi che stanno rivoluzionando il nostro modo di comunicare.


Ampliamento dei limiti spazio-temporali

Le normali coordinate di tempo e spazio vengono alterate nell’universo virtuale di Internet. Nei MUD i personaggi possono violare le leggi della fisica e della gravità fluttuando nell’aria, mentre nelle comunicazioni sincrone o asincrone la concezione del tempo viene dilatata: nelle chat si hanno pochi secondi o qualche minuto per rispondere a una persona; nelle e-mail o nei newsgroup si può attendere una risposta anche settimane. Tra i partecipanti è possibile comunicare e spedirisi materiale in tempo reale anche se questi si trovano in luoghi diversi e con differenti fusi orari.

Nella fruizione del World Wide Web l’abbattimento di questi vincoli appare ancora più evidente: è sufficiente un “click” sul mouse per essere trasportato da un luogo a un altro. Non c’è nessun segno tangibile che ci indichi che ci si è spostati, e può succedere che il punto dello schermo che abbiamo “cliccato” venga investito di un potere magico simbolico, che diventi una sorta di portale che materializza l’utente in un posto nuovo, dotato di significati diversi. L’ipertesto che compone una pagina web diventa un insieme di chiavi d’accesso, un luogo dove le informazioni si presentano non sequenzialmente ma contemporaneamente, attraverso immagini, suoni, scritte e colori vivaci; dove gli eventi si susseguono ad una velocità molto elevata alla quale il nostro organismo forse non è abituato.

Questo sistema può favorire una modalità di fruizione a “zapping” estremizzato dove l’occhio è sollecitato continuamente e lo sguardo si sofferma solo per pochi secondi su uno stimolo. Inoltre, l’ambiente in Internet cambia rapidamente perché vengono sempre costruiti nuovi software o piattaforme digitali nonché strumenti multimediali capaci di creare nuovi contesti e di esaltare le differenze, perché l’informazione (citando nuovamente Bateson) è fatta di differenze.

Secondo Young (2000) il fenomeno della percezione alterata del tempo, che lei chiama Terminal Time Warp, sarebbe co-responsabile dell’ipercoinvolgimento con la Rete e dello sviluppo di una dipendenza da Internet. Secondo altri autori l’aumento di complessità degli ambienti virtuali e il superamento di ogni limite personale e spazio-temporale consentirebbero una fuga dalla propria realtà, provocando una sorta di intensa eccitazione legata ad un vissuto di onnipotenza; questo stato faciliterebbe l’emergere di importanti fenomeni dissociativi (Caretti 2000) osservati in alcuni soggetti predisposti.

Relazioni sociali e comunità virtuali


Internet è anche un laboratorio sociale. E’ molto facile, una volta connessi, accedere a un numero indefinito di relazioni interpersonali. Si è detto precedentemente come la natura delle interazioni di questo tipo sia soggetta a delle regole e a una sintassi particolari.
La psicologia dei legami che si stringono in Rete è anomala e interessante: il vantaggio dell’anonimato, il fatto di poter accomodare la propria realtà, di proteggersi grazie a un livello di “presenza sociale” molto basso, di non rischiare critiche o rifiuti, porta i soggetti coinvolti a diventare più aperti e liberi di esprimersi. Inoltre è facile comunicare con persone che hanno idee, gusti e interessi simili ai nostri, fino a sentirsi parte di una comunità più grande.

Secondo Lèvy (1999, p. 125) “una comunità virtuale si costruisce su affinità di interessi e conoscenze, sulla condivisione di progetti, in un processo di cooperazione e di scambio, e tutto ciò indipendentemente dalla prossimità geografica e dalle appartenenze istituzionali. […] D’altra parte, né la responsabilità individuale, né l’opinione pubblica e il suo giudizio, spariscono nel cyberspazio”. Non esiste una cultura monolitica all’interno delle comunità telematiche, bensì un ecosistema eterogeneo di culture, alcune frivole, altre serie.

Per alcuni, queste forme di aggregazione rappresentano un importante fattore di rinnovamento della democrazia, ma allo stesso tempo hanno avuto effetti ambivalenti. Maldonado (1997, p. 20) afferma che questi rapporti si stabiliscono tra utenti della Rete culturalmente e socialmente pari: “In altre parole, tra anime gemelle, ossia tra coloro che cercano il contatto, ed eventualmente il conforto o la collaborazione, tra simili. Ecco perché le comunità virtuali si configurano come un punto di ritrovo (o di rifugio?) in cui si coltivano soprattutto le affinità elettive. […] Per il loro alto grado di omogeneità, tendono a essere decisamente autoreferenziali”.
Queste osservazioni sono interessanti anche da un punto di vista psicologico, oltre che sociologico e culturale. L’utente affezionato sa che se si collega, troverà sempre qualcuno dall’altra parte dello schermo. Tra i di vantaggi di una comunità autoreferenziale c’è anche quello dell’accettazione incondizionata, del forte senso di appartenenza, del poter contare su un’accoglienza e una disponibilità (facilmente dispensabili perché inevitabilmente superficiali) che nelle comunità virtuali raggiungono vette sorprendenti. Entrando in una chat room, e chiedendo un aiuto anche solamente tecnico, si può essere certi di trovare una o più persone disposte a dedicarti il loro tempo, mostrando una generosità fuori dal comune. Personalmente, nella mia prima esperienza su IRC, questo comportamento mi è sembrato talmente esasperato da provocare un effetto paradossale: la diffidenza. Qualche tempo dopo solitamente questa sensazione svanisce per lasciare spazio a una sorta di coinvolgimento incantato nei confronti di una realtà che può apparire veramente migliore di quella reale.

Queste considerazioni sono le stesse che avanzano molti autori circa il pericolo che la Rete favorisca lo sviluppo di relazioni compensatorie dell’impoverimento di quelle reali, evidenziando così la possibilità nefasta della sostituzione dei rapporti reali con quelli virtuali.
Le conseguenze negative sarebbero il ritiro sociale e l’evasione compulsiva, e quindi il sovrainvestimento di Internet che assurge a ruolo di facilitatore sociale, di catalizzatore delle emozioni, di strumento autorealizzativo. Si può notare come quest’ultime siano delle qualità, ma va considerato che per alcuni sarebbero valide solo finché si rimane collegati: può succedere infatti che le caratteristiche compensatorie della Rete sfuggano al principio di integrazione e che l’identità di questi individui venga compartimentalizzata in ambienti differenti, scissa tra la vita on-line e quella off-line.

Al di là di queste ultime considerazioni, l’obiettivo di questo articolo è quello di evidenziare la dimensione relazionale di Internet, che costituisce senza dubbio la sua attrattiva maggiore.
Ciò sembra confermato dalle ricerche svolte finora che indicano IRC e le e-mail, oltre al World Wide Web, come le applicazioni più frequentemente utilizzate dagli utenti.

 

Bibliografia

  • Caretti V., La Barbera D., Psicopatologia delle realtà virtuali, Masson, Milano 2001.
  • Del Miglio A., Gamba A., Cantelmi T., Costruzione e validazione preliminare di uno strumento (U.A.D.I.) per la rilevazione delle variabili psicologiche e psicopatologiche correlate all’uso di internet. Giornale Italiano di Psicopatologia, Vol 7, 3,293-306, settembre 2001
  • Del Miglio A., Gamba A., Cantelmi T., Contributo allo studio di variabili psicopatologiche correlate all’uso-abuso di internet. Italian Journal of Psychopathology, Vol. 8(2):154-160, June 2002
  • Lévy P., Cybercultura, Feltrinelli Editore, Milano 1999.
  • Maldonado T., Critica della ragione informatica, Feltrinelli Editore, Milano 1997.
  • Stone A., R., Desiderio e tecnologia, il problema dell’ Identità nell’era di Internet, Feltrinelli.Editore, Milano 1997.
  • Watzlavick P., Beavin J. H., Jackson D. D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971
  • Young K. S., Presi nella rete. Intossicazione e dipendenza da Internet, Calderini edizioni, Bologna, Milano, Roma 2000
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